Caffè

Il buio, profondo, nero, silenzioso, morbido e profumato lentamente si schiarisce di un flebile suono di gabbiani in lontananza ma resta profondamente scuro.
Il profumo di lavanda comincia a confondersi con un odore più deciso di salsedine e legno; il corpo sprofondato tra le lenzuola si distende involontariamente girando a favore un lato del collo accarezzato da qualcosa di leggero e caldo.
Un gesto dalla spalla sposta delicatamente la stoffa scivolando verso il fianco, regalando una sensazione di protezione.

Il buio si fa meno oscuro, il corpo lascia le tensioni e si gira sulla schiena, lasciando che una mano dal fianco si appoggi sull’ombelico e l’altra si diverta ad accarezzare i capelli sparsi sul cuscino.
La mente cerca inaspettatamente un ricordo di una sensazione simile ma non lo trova e non si danna nel tentativo lasciando che il torpore la faccia da padrone.

Non era passato tanto tempo da quando le sue mani scoprivano un corpo scivolando sulle sue piacevoli imperfezioni, attratte dal profumo di vita che filtrava tra i capelli scuri, ma nulla di quegli episodi ricordava la dolcezza di quel momento, erano atti consumati sempre molto in fretta e con fervore come un affamato alla sua potenziale ultima cena.

Ora era diverso: quel corpo complice si lasciava esplorare dolcemente senza pretendere e senza fuggire, assecondando il lento aggrovigliarsi delle dita tra le ciocche come la sensazione che lascia la sabbia calda del deserto che scorre tra le dita.
In pochi istanti i due visi si trovano l’uno sopra l’altro senza vedersi ma annusandosi fino a sfiorarsi. Uno strano momento in cui il tempo ha esistenza eterna e l’energia di ogni muscolo vibra di una dolcezza che nessuno dei due ricorda.
I gomiti appoggiano ai lati del viso, le mani si intrecciano tra i capelli; un corpo sovrasta l’altro con i muscoli tesi per rendersi leggero mentre sotto di lui due mani fresche salgono dai fianchi lungo la schiena verso la nuca, avvicinando dolcemente i visi che prendono contatto attraverso le labbra, dapprima timorose e poco dopo sfrontate fino ad esplorare vicendevolmente guance, lobi e poi sempre più giù verso le spalle.

Un lampadario dondolante al suono del rollio prende forma nei suoi occhi che lentamente si abituano alla luce.
Una coperta stranamente pesante le regala sensazioni piacevoli ma che il suo cervello non riesce ad elaborare, fino a che lo sguardo abbassandosi vede una testa appena sotto il suo mento che si muove dolcemente. Le sue mani iniziano a rendersi conto che la tengono assecondandone le piacevoli sensazioni. Delicatamente ne muovono il viso fino a mostrarsi e un sorridente buongiorno esce da quella faccia già vista..

Dall’eternità del momento di poco prima piomba il presente in cui, con un movimento fulmineo, lei scappa dal giaciglio, avvolta in tutte le lenzuola che riesce a strappare.
Lui resta disteso appoggiato sul fianco, sempre sorridente ma sorprendentemente vestito dove deve esserlo.
Lei lo guarda cercando di dire qualcosa di furioso per poi concludere con: “Caffè, c’è del caffè per favore?”

Benn.
T.S. 2-6: 1-8-17

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