Incrinature

Il fiato corto, la polvere che si alza, le braccia che scaraventano qua e là rami invadenti su un sentiero appena accennato.
La voce grida senza controllo e gli occhi lacrimano incontenibile rabbia mentre i piedi macinano foglie secche come se stessero sorvolando un tornado.
La foresta si dirada man mano che la fuga diventa sempre più incontrollabile e l’invisibile inseguitore non molla la presa.
Ed arriva la fine.
La riva di uno specchio d’acqua, le luci del tramonto danzano a pelo d’acqua cavalcate da libellule e altri insetti che a loro volta fuggono in una eterna rincorsa alla vita.
Resta il fiato rumoroso, il silenzio alle spalle e l’insormontabile di fronte.
Le gambe si pietrificano e le ginocchia cedono.
Fine della corsa.
Le mani affondano nel fango della riva, il volto si china fino a toccare la terra con la fronte, le lacrime scendono nell’unico anelito incontrollabile dell’anima e i pugni stringono terra umida e sassi.
Mentre la voce sussurra un “basta” ripetuto infinite volte, gli occhi rifiutano di accettare il buio e impongono al viso di sollevarsi e guardare l’orizzonte.
L’invisibile inseguitore tace.
La fronte sporca di fango è dritta verso le luci della sera, gli occhi si stringono per far passare solo il necessario per vedere oltre, le mani scaraventano il fango nell’acqua e iniziano a sfilare con delicatezza gli abiti superflui dal corpo.
Petali di stoffe che colorano il bordo umido della riva lasciando addosso solo quelli più tenui, quasi a volersi confondere con l’ambiente.

La sagoma diventa un tutt’uno con quello che c’è intorno, la foresta si riflette nel verde e marrone dei suoi occhi e le luci del lago entrano nell’iride trasformando l’opaco in brillante.

Non servono colori.

La spada è l’unica cosa pesante che resta appesa sulla schiena, scomoda ed inutilizzabile ma infine scivola via anche quella finendo stretta nelle mani con la punta appoggiata tra le gambe incrociate.
L’invisibile inseguitore è alle spalle armato fino all’impossibile eppure inerme difronte alla figura immobile che guarda sorgere la luna.
Il lago si veste di blu e argento, nuovi suoni si risvegliano e fiori delicati possono ora schiudersi senza l’offesa del sole.

L’inseguitore si lascia cadere accanto alla figura silenziosa.
Si spoglia di tutte le armi sconfitto.

La fuggitiva allunga una mano verso il lago, raccoglie in un gesto magico i riflessi della luna e li fa volteggiare sul palmo sussurrando incantesimi attraverso un sorriso divertito, sembrano minuscoli cristalli di quarzo che schizzano impazziti,  poi soffia e li fa volare difronte al volto dell’inseguitore i cui occhi bianchi ed immobili ne riflettono l’immagine mentre lentamente scivolano verso l’orizzonte, ma in un gesto inconscio tenta di prenderli con una mano protesa in avanti.

– Puoi catturare le luci solo permettendo loro di penetrare in te.
– Non posso catturarle finché il buio della mia anima mi impedisce di vederle.

Tra loro resta il silenzio.
Le mani si sfiorano ma non si toccano.
L’attesa.
Il vuoto.
La consapevolezza.
La certezza che domani la ricerca continuerà.
La confusione sul come, sul dove, sul senso…
La incrinature delle armature che non riescono più a contenere le luci e le ombre più profonde.

Benn.

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