Bianchi.
Quasi immacolati e perfettamente sistemati come un soldatino sull’attenti, cuscini enormi su poltrone di rattan color paglia.
Un pavimento con assi di legno scuro assolutamente irremovibili sotto il peso di qualsiasi passo e un tavolino a forma di palla schiacciata, regolare in perfetto stile vimini chiaro con un vetro pulitissimo poggiato perfettamente bilanciato al centro.
Vasi in pietra scura con piante di bambù talmente pulito da sembrare un arazzo giapponese appena dipinto, con sassi antracite a formare piccole piramidi immobili e sentenzianti qua e là.
Un paio di asciugamani candidi adagiati con ipotetica disinvoltura sullo schienale della poltroncina vuota.
Due tiranti argentei, estremamente tesi mantengono nei ranghi l’unico moto ribelle di un telo avorio strattonato da una brezza inopportuna che lascia sfuggire qualche raggio di sole sfacciato.
Un piccolo piedistallo in ferro battuto, nascosto timidamente in un angolo del berceau usa della cenere profumata d’incenso come avanguardia contro eventuali vapori indesiderati ed una leggera nebbiolina di provenienza quasi magica viene spruzzata a ritmi regolari per aumentare la diffusione inebriante nell’aria.
-Si può accomodare qui, il maestro si sta preparando per la sessione di meditazione ed arriverà a minuti, se nel frattempo dovesse trovare scomoda la veste, ce lo comunichi prima di iniziare la sessione, sfiorando questo tasto e registrando un messaggio.
Osservo il nulla indicatomi dalla fanciulla che sembra uscita dal pennello di Hayez mentre lei si ritira, quasi senza toccare terra con i calzari, verso un punto non ben chiaro del velo che abbiamo attraversato per arrivare qui.
Resto immobile, frastornata dal profumo agrodolce perfettamente bilanciato, nella mia tuta che accenna lievi sfumature verdastre e mi sento come intrappolata in una bellissima voliera.
Non c’è nulla che possa dare fastidio ai 5 sensi, non un rumore eccessivo, non un colore violento, non un odore agre e temperatura ideale: tutto semplicemente perfetto ed al mio servizio.
Sento dentro un misto tra imbarazzo, panico e onnipotenza e resto paralizzata nella mia posizione marmorea con tanto di venature verdastre dell’abito.
-…arriverà a minuti… si ma quanti minuti?… e poi chi sarà sto “esimio maestro”… ma cosa mi è venuto in mente di infilarmi in sta esperienza?!
La massa di domande che si accatastano nella testa mi fa barcollare e causa forza maggiore, mi siedo sul bordo esterno di una delle poltroncine, tentando di non perdere l’equilibrio e non sgualcirne il cuscino immacolato.
Mi sento già meglio; mi guardo attorno e mi assicuro di non aver sconvolto nessun equilibrio: sembra tutto a posto. Tiro un sospiro di sollievo e quasi trasalisco a sentire il suono del mio fiato uscire dalle narici: trattengo il fiato qualche secondo poi l’istinto di sopravvivenza mi fa inspirare a forza ed il profumo d’incenso si insinua nelle mie vie aeree senza permesso, scaldando e calmando quell’aura marmorea che mi congela.
D’istinto mi metto un pochino più comoda e comincio a guardarmi in giro. La prima cosa che cerco con lo sguardo è il famoso “pulsante da sfiorare” in caso di emergenza da vestitino sgualcito che mi ha indicato l’eterea ninfa poco prima.
Lo individuo e si tratta di un impercettibile quadratino di metallo con un piccolissimo foro accanto, incastonato su uno spigolo di un vaso di pietra a pochi centimetri dalla mia poltrona.
Sorrido: sono salva, se mai avessi bisogno…
Più rilassata dal recente ritrovamento, mi spingo un po’ oltre con lo sguardo, ispezionando sassi, tavolino, pavimento, fessure tra il legno… e ad ogni passo mi assesto un po’ meglio sulla poltrona… il cuscino pare non protestare…
-.. arriverà a minuti?! Quanti minuti?!… ecco cosa manca: un orologio!
Sorrido alla mia seconda scoperta e la mano destra sfiora il polso sinistro trovandolo liscio e libero da ogni ostacolo…
-Merda, è insieme al resto nell’armadietto!… del resto l’Illustrissimo maestro non voleva che indossassi oggetti tranne l’abitino da fatina…
Appoggio le spalle allo schienale della poltrona e rivolgo lo sguardo in alto cercando qualcosa che possa fare da meridiana per controllare il tempo che passa… se la prende comoda Sua Santità!
L’unica cosa che trovo, rigirandomi sulla poltrona è il tirante argenteo del tendalino che getta un’ombra poco affidabile contro un lembo di pietra bianca del muretto che circonda il berceau.
Cerco di memorizzare la posizione per poi controllare di quanto si è mossa, così a occhio saranno quasi le tre del pomeriggio.
Passano altri minuti e non accade nulla. L’ombra si è spostata di pochi millimetri ed il caldo mischiato alle nuvolette di vapore che ritmate mi rinfrescano, mi convincono a trovare una posizione decisamente più comoda. Durante gli assestamenti noto gli asciugamani e dal mio mix di emozioni iniziali, l’onnipotenza prende il sopravvento con un:
-Fanculo, se li hanno messi lì sarà mica per bellezza no?!
Così mi alzo, prendo quello che sembra più ampio e lo stendo sui cuscini. Quello piccolo cade a terra, l’onnipotenza si scontra con un violentissimo senso di colpa, torno insignificante e in un lampo lo piego con la destrezza di una commessa di boutique e lo adagio esattamente dov’era prima.
Senza pensare e senza distogliere lo sguardo dal telo appena riposto, mi siedo nuovamente irrigidendomi al contatto con il tessuto nuovo.
Passano ancora dei minuti, l’ombra si muove con delicata attenzione e nulla di quel posto riesce a darmi fastidio tranne Sua Maestà il maestro che non è ancora comparso all’orizzonte.
Orizzonte.
Mi alzo, stendo la schiena inarcandola lievemente all’indietro e mi porto vicino ad uno dei vasi scostando lentamente il bambù che non si azzarda a frusciare.
Sabbia bianca, pettinatissima e mare azzurro con striature calcolate di verde e blu profondo, con movimenti regolari e qualche scintillio.
Per un attimo resto estasiata dalla grandezza della spiaggia e dal desiderio di bagnare i piedi in quell’acqua che sembra calda ma poi immediatamente il pensiero mi riporta al qui e ora, e mi creo un appunto mentale: appena Sua Magnificenza ha finito con me io un giretto laggiù ce lo faccio… tanto è tutto così perfetto che secondo me non ti resta manco attaccata la sabbia sotto i piedi… sorrido con me stessa, richiudo le piante e torno a sedermi in attesa.
Ormai senza ritegno mi sdraio sulla poltroncina, chiudo gli occhi, fanculizzo mentalmente il Supremo e comincio a immaginare.
Al caldo incenso do il permesso di invadere tutte le pieghe del mio essere, al vapore di distenderle alle vesti di aderire alla mia pelle come un olio rigenerante.
Nella mia mente la sabbia vista poco prima scorre tra le dita delle mani ed io mi vedo accovacciata sul bordo delle tavole legno scuro a toccarne la finezza.
Poi mi spingo un po’ più in là e azzardo un passo che si rivela così piacevole da non farmi smettere fino a che una piccola onda non mi solletica gli alluci.
Inspiro profondamente, sento dei gabbiani infondo, c’è vita nella mia immaginazione!
Allargo le braccia, sorrido e rido di me stessa vedendomi avviluppata in una tutina verde accartocciata su una poltroncina di vimini sotto un berceau nascosto dal bambù: mi sento libera!
Espiro fino a non avere più un atomo d’aria, apro gli occhi e mi accorgo che la luce è cambiata; guardo la mia meridiana e non vedo più l’ombra, mi alzo, sposto il bambù e il mare si sta tingendo di arancione.
Richiudo il Bambù, mi guardo intorno e del Potentissimo Illuminato manco un lumicino, per scrupolo guardo al di là del muretto bianco che racchiude il piccolo rifugio di rattan e giunchi, per vedere se ci fossero impedimenti.
Nulla.
Scavalco, atterro sulla sabbia, mi accorgo di essere scalza e ne sento il tepore salire fino allo stomaco.
Inspiro come se fosse la prima volta, e un odore nuovo di salsedine si scontra con il caldo che sale, allargo le braccia, espiro e rido, apro gli occhi e mi guardo attorno.
Gabbiani sulla riva e poco più indietro un chiosco in legno.
Mi volto un istante a controllare il berceau, nulla si muove.
Faccio spallucce e mi dirigo allegra al chiosco dove si trova un tipo un po’ avanti con l’età, con un improbabile pantaloncino hawaiano ed un cocktail giallo con tanto di fettina di arancia ed ombrellino.
Un attimo prima di avvicinarmi mi guardo i vestiti, ho addosso una tuta verde azzurro in seta con delle nappine sulle spalline.
Mi scappa ancora da ridere… Mi faranno credito? E rido ancora avvicinandomi al chiosco.
-Buongiorno! Cosa posso offrirle?
Sorride il barista guardandomi divertito.
-Un caffè, ristretto, bollente, un bicchiere di grappa alla cannella e… – Poi ascoltando la mia stessa voce che sta parlando senza il mio controllo sorrido al pensiero di quello che sto per dire…
-No, il sigaro lo offro io!- mi precede il vecchietto con gli short honolulu
-Piacere, Merlino!- e mi porge la mano.
-Laura… – bofonchio con occhi sgranati porgendo a mia volta il saluto.
-Non ci hanno ancora presentati laggiù, (indica il berceau) ma sapevo che l’avrei vista qui, così ne ho approfittato per uno smoothie esotico… Sono felice che abbia trovato la via d’uscita dall’illusorio benessere, sarebbe stato noioso fumarsi un sigaro da solo!
E detto questo me ne porge uno dall’odore secco e se ne accende un’altro che sa di cioccolato.
Guardo il signore che dice di chiamarsi Merlino, guardo il mare e la sabbia, annuso il sigaro, il caffè e la grappa in un respiro solo: i miei occhi ora vedono il gazebo in lontananza, così piccolo, così precario, così fintamente immobile su una terra che in fondo fa quello che vuole, che ci piaccia o no!
Bevo il mio caffè d’un fiato e guardando negli occhi Merlino, brindiamo al nuovo mondo ridendo di noi con noi!
Benn.