Funambolo

Il funambolo avvolto in una tuta attillata rossa e blu con una stella sul petto a ricordare lo scudo di Capitan America cammina con disinvoltura su un filo vibrante come la corda di un contrabbasso.

Ogni tendine del suo corpo è concentrato al controllo di impercettibili incessanti aggiustamenti di equilibrio in una muscolatura armonica evidenziata dalla veste che non perdona difetti.

Bracci ed avambracci sorreggono un bilanciere come fosse il corpo della donna amata durante un tenero gioco: amore, attenzione, rispetto e passione sottolineati da una fermezza assoluta che ad ogni passo evidenzia la precisione istintiva dell’animale senziente che, in quanto tale, si ferma improvvisamente sospeso a metà corsa in attesa che una folata di vento, nemica violenta, passi oltre la sua ostentata solidità.

E’ impertinente, insinuosa, quasi viscida e appiccicosa mentre insistentemente si strofina con vigore sul completo da spettacolo del funambolo.
Perfino da lontano si riesce a percepire l’odore di paura e sfida che spennella il pubblico con una coltre silenziosa e trepidante.
L’artista circense dondola in maniera sempre più preoccupante ed il piede destro sfugge alla presa mentre il bilanciere svicola dalla mano sinistra lasciando in bilico l’uomo rosso e blu grazie ad un piede ostinatamente incollato alla corda ed una disperata volontà.

Qualcuno tra il pubblico urla.
La tensione comincia a farsi palpabile e la folata di vento se ne nutre rafforzandosi baldanzosa.
Il funambolo svelto sfrutta il vento e si muove sopra esso con piede e bilanciere assecondando la danza della corda e facendole coro con un grido di vittoria per aver ripreso il controllo.

Il pubblico resta col fiato sospeso e tace stringendo pugni, rosicchiandosi unghie o tenendosi le mani sulla bocca per non permettersi urla; alcuni coprono gli occhi ai più piccoli.

Un altro passo porta il funambolo un po’ più vicino alla meta ma il vento non smette di infastidirlo, lo fa sudare, i muscoli sono così tesi che fatica a controllarli ma non può permettersi il minimo errore; si sente quasi il suo respiro sospeso.
Un altro passo ma barcolla ancora troppo, geme in uno sforzo di equilibrio e si ferma.

L’unico rumore è il vento che scappa vigliacco tra i palazzi, quasi pentito di quel che ha fatto.

Il funambolo ora è immobile, da così lontano sembra quasi un dipinto di un corpo scolpito in un abito un po’ retrò.
Il suo petto si gonfia e resta qualche secondo immobile così mentre gli occhi si chiudono; il bilanciere dapprima abbassato a livello del bacino, lentamente si risolleva stretto nella morsa delle mani; braccia ed avambraccia si rilassano, lo fanno strisciare dal bacino al diaframma fin verso i pettorali tesi e ancora gonfi, le mani ora guardano verso l’alto, il suo mento si solleva un po’ in un moto d’orgoglio, la bocca si apre leggermente ed un filo di fiato dal profondo esce dalle sue labbra mentre i gomiti spingono il bilanciere fin sopra la testa.

Il pubblico è statuario.

Un grido graffiante, potente, proveniente direttamente dall’energia più virile e profonda scuote l’uomo non più cartolina di funambolo-artista ma umano tenacemente aggrappato alla vita, mentre il bilanciere torna alla sua altezza naturale e le sue gambe riprendono il viaggio verso la fine del percorso.

Il pubblico resta congelato in religiosa preghiera.

Uno, due, tre, sette passi e la meta è raggiunta.
Un ultimo atto di silenzio, un inchino al destino e l’uomo in tuta rossa e blu si rivolge verso il pubblico gridando ringraziamenti e reverenze con incontenibili lacrime che scivolano timide sul suo viso, mentre un vortice di appalusi, grida e pianti sconvolge l’aria colorando i palazzi grigi che imperturbabili sostengono quel filo di fato.

Alzo lo sguardo dalle pagine e lo poso sul davanzale dove l’incenso di sandalo è quasi finito e oltre la finestra spalancata il verde della campagna si sta scaldando al sole del pomeriggio.
Sullo sfondo nuvoloni scuri promettono pioggia ma per ora sono ancora lontani.
Le gambe irrigidite rilasciano istintivamente la tensione della lettura in uno stiramento felino, un sorriso accompagna il segnalibro al suo posto e il libro torna sul tavolino.

La braccia libere si stendono verso l’alto come voler rilasciare la presa dal bilanciere del funambolo e proseguono il loro moto verso la tazza di caffè caldo sul tavolo.

Pantaloni comodi, una sciarpa che abbraccia colletto e bottoni della camicia solo per il gusto di coccolare un po’ in un pomeriggio di attesa ed uno sguardo al cellulare che per fortuna non ha squillato emergenze…

Tiro un sospirone, mi alzo dal divano per fare due passi fuori e tra me e me mi scappa da ridere:

“Se non sono le emergenze a farmi saltare come una molla, per rilassarmi vado a leggermi ste robe che mi mettono ansia!  Ma casso!!”

Ed i miei piedi incontrano l’erba fresca.

 

Benn.

 

 

 

 

 

 

 

Informazioni su sebienn

webm0nster
Aggiungi ai preferiti : Permalink.

I commenti sono chiusi.